E tu quando hai voglia di piangere cosa fai?
Io striscio,
sottovoce, il più velocemente possibile. Cerco un posto che conosco, dove so
che posso essere accolto nel mio lato più scuro, denso e tossico e piango. Da solo,
piango. Lascio uscire la bava delle mie bestie, dei miei incubi, dei miei mostri
del passato, del presente e del futuro. Perché le bestie che vivono nel nero si
cibano delle carogne e quando sentono il sangue vengono tutte fuori e si
azzuffano per un lembo di carne viva. Sono come il drago di Komodo che studia
la propria preda anche per mesi, ne impara le abitudini e capisce il momento
migliore, perfetto, per attaccare. Il momento in cui sei più debole, indifeso,
scoperto e quando attacca una preda più forte e grande di lui non fa altro che
darle un morso per poi allontanarsi e aspettare. Aspetta perché sa che nella
sua bocca ci sono miliardi di batteri letali che nel giro di qualche ora
faranno effetto e indeboliranno l’organismo che hanno deciso di mangiare. Si allontanano
a distanza di sicurezza per non essere attaccati e seguono ogni mossa del loro
futuro pasto scrutandone i più piccoli movimenti. Quando il malcapitato inizia
a dare segni di cedimento si fanno sempre più vicini sino a quando non
riattaccano e sta volta è per uccidere, sbranare, fare a pezzi e divorare inghiottendo lembi interi di carne senza nemmeno masticare. Non gustandosi niente perché ne sono
incapaci. Sono voraci. Maledettamente voraci.
Le tue bestie ti osservano con calma, con tutta la calma del mondo. I tuoi neri
draghi di Komodo ti scrutano, ti studiano.
Quindi come si può fare se non si vuole
essere sbranati?
Si possono
adottare diverse tecniche. Alcuni cercano di non essere mai abitudinari e
cambiano sempre percorsi, cambiano continuamente abitudini.
Altri cercano
di essere sempre molto veloci, di non riposarsi mai, sempre in movimento,
sempre rapidi, piccole soste a caso sempre diverse, rimanendo con un occhio
aperto, appoggiati con le spalle a una grande roccia guardando davanti.
Altri vivono
sempre su grandi e alti alberi, attentissimi a non scivolare, spostandosi il
meno possibile per evitare ogni rischio di cadere, per evitare di stancarsi
troppo.
Altri ad un
certo punto, quando percepiscono che il momento del morso è vicino, decidono di
uccidersi per primi per evitare le atroci sofferenze che arriverebbero.
E tu?
Io faccio in
un altro modo. Io ho deciso di non aver paura. Un saggio una volta disse: «Quando
mai un drago morì del veleno d’un serpente?». Io sarò drago delle mie bestie. Non
avrò timore dei loro morsi e non mi preoccuperò di cambiare la mia vita per non
essere attaccato dalle mie bestie. Semplicemente mi farò trovare più forte dei
loro morsi, delle loro malattie, dei loro mali, dei loro abissi. Mi lascio
mordere quando e come deve avvenire, lascerò il veleno scorrere, lascerò le
bestie allontanarsi e le lascerò osservarmi da lontano. Osservarmi nel
diventare più forte. Osservarmi indifferente e sano. Pieno di gratitudine perché
il mio diventare migliore passa attraverso i loro morsi, così duri, così
precisi, così dolorosi eppure così impotenti di uccidermi.
Io dopo ogni
morso le ringrazio. Quando passa troppo tempo dagli ultimi morsi mi siedo,
sotto un fico, a dormire con le braccia incrociate sul capo, ad aspettarli.
Nefesh –
Shades and Lights https://youtu.be/PHXfHDKzsA0
“Furibonda lotta con le fauci della belva
La mia belva, gelosamente mia
Danzano ancora le mie care ombre
Sempre loro danzatrici folli
Dopo tutto ora è chiaro
Accetterò anche loro dentro me
Inevitabili ombre di un corpo al sole
Vi sconfiggerò accarezzandovi
Vi sconfiggerò accarezzandovi
Vi sconfiggerò accarezzandovi
Vi sconfiggerò accarezzandovi“